Cima Comer è uno fra i più bei punti panoramici che offre il Lago di Garda.
Sponda bresciana, 1279 metri sopra il livello del mare. Troverete un massiccio balconcino con balaustra e panche di legno sul quale affacciarsi comodamente per godere della splendida vista verso la sponda sud gardesana. Poco sopra si trova anche una croce.
Come arrivare a Cima Comer: trekking più lungo che passa dall’Eremo di San Valentino.
Se volete fare il giro completo (che dura circa 2 ore e mezza in salita ed un’oretta abbondante in discesa) vi consigliamo di partire da Sasso di Gargnano (BS). Si parcheggia l’auto all’inizio del paese dove c’è il folcloristico bar centrale (che funge anche da mini-market per comperare snack o panini imbottiti per il tragitto). Troverete uccelli tropicali in varie gabbie, complementi d’arredo fai-da-te, e un fantastico cappuccino schiumoso prima di iniziare la camminata.
Proseguite a piedi fra i vicoli fino ad arrivare alla fontana (occhio l’acqua non è potabile, dovete portarvi le borracce già piene). Da lì inizia il sentiero 31 per: Eremo di San Valentino (772 m – arroccato a ridosso della roccia. Fu eretto dagli abitanti di Gargnano nel 1650, superstiti alla peste del 1630), Cima Comer (1279 m) e Monte De Nervo (1459 m).
Il sentiero è abbastanza ripido quindi, per i meno allenati, consigliamo il trekking più corto specificato qui di seguito.
Come arrivare a Cima Comer: trekking più corto e facile.
Se invece volete andare a Cima Comer per una via più breve, potete parcheggiare la macchina lungo la statale che porta alla frazione di Briano (BS), sotto alla baita degli alpini (1027 m). Sempre imboccando il sentiero 31 (ben segnato dalla strada, sulla destra andando in su) raggiungerete la vetta in circa 40 minuti.
Concludo, per chi avesse voglia di proseguire la lettura, con un breve amarcord; apparentemente è un’azione banale, non degna di nota, che però contraddistingue il mio vissuto da tempo immemore: mentre cammino infilo sempre il fazzoletto sotto al polso, dentro la manica, come faceva mia nonna Dea. Gliel’ho visto fare un sacco di volte ed ora questo gesto “antico” mi appartiene. Aveva sempre le maniche dei maglioni sgraziatamente rigonfie perchè a volte ne teneva più d’uno. Era letteralmente una “donna con la gonna”, come canta Vecchioni, e di scomparti da pantalone certo non ne possedeva.
Infilare il fazzoletto in questo modo risulta più comodo che averlo in tasca e non rischia di cadere ficcandosi in mezzo ad altre cose di spiccio utilizzo. Incredibile come, crescendo, ci rendiamo conto di aver assimilato le piccole abitudini dalle persone che ci hanno allevato. Odiavo visceralmente quel modo di fare, perchè antiestetico, eppure mi sono trovata a renderlo automaticamente mio.
Voi vi siete riconosciuti nel ripetere qualche gesto ereditato, quasi come un’imprinting, dai vostri genitori e nonni? E’ simpatico notarlo e riderci sopra. Fa parte della nostra storia e di ciò che ci rappresenta nel quotidiano.
Alla prossima cari Outdoors!
Silvia Turazza – Redazione Garda Outdoors
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